Al Lapkovsky

Biografia

Al Lapkovsky è un fotografo pluripremiato e “ritoccatore” creativo, stabilitosi a Riga, Lettonia. Lavora in ambiti diversi, in cui i confini tra immaginario commerciale e arte fotografica si confondono. 

Grazie al suo approccio stilistico, Al combina la sua attenzione alla realtà con il suo intuito per le persone e le situazioni, conferendo alle sue immagini uno sguardo e punto di vista unico. Il suo portfolio include qualità narrative che mostrano un’autenticità innovativa, un illimitato istinto per gli stati d’animo e una preferenza per il gesto drammatico – qualità inestimabili che hanno contribuito a conferirgli una molteplicità di premi internazionali, incluso il primo premio nel Premio Internazionale di Fotografia del 2018 / Pubblicità Professionale / Categoria di Auto-promozione e primo premio nella categoria di Portfolio professionale al Premio Interazionale di Foto di Tokyo. 

Avendo iniziato il suo percorso fotografico a Londra nel 2003, Al Lapkovsky è sempre stato in sintonia con l’infinito potenziale della sperimentazione fotografica, mettendo in discussione i concetti convenzionali della fotografia e fornendo il fruitore di un’opportunità di visualizzazione inconsapevole e di liberare il potere dell’immaginazione. 

Nato a Daugavpils, Lettonia, nel 1981, Lapkovsky è riuscito a creare un immaginario fotografico che possiede precise qualità trascendentali, muovendosi impercettibilmente tra realtà e assurdità. La maggior parte del lavoro del fotografo si caratterizza per la presenza di città bizzarre e quasi astratte e figure solitarie, spesso distorte o decapitate, attraverso palette di colori scure, il tutto raffigurato in interni mistici e pittoreschi. Questo immaginario non è altro che la proiezione della consapevolezza del fotografo stesso dell’impatto che i cambiamenti socio-ambientali in corso hanno sul mondo di oggi. 

“È difficile non lasciarsi coinvolgere dalla situazione attuale, almeno nella propria arte. Io non riesco a ignorarlo.” dice Lapkovsky, svelando la sua sensibilità artistica. “Per esempio, la serie “Londra città fantasma” è stata scattata per essere una sorta di avvertimento di quello che potrebbe accadere a Londra con il ritmo incalzante del surriscaldamento globale odierno” spiega il fotografo. Nella sua nuova serie “Connessioni che allontanano” Lapkovsky esplora i cambiamenti sociali avvenuti molto rapidamente nel corso degli ultimi dieci anni, all’alba della comparsa dei social network. 

Il suo lavoro di post-produzione consiste nel creare qualcosa di nuovo dal vecchio, e nell’essere continuamente motivato a sviluppare concetti visivi taglienti, concentrati sull’espressione umana nello spazio del sistema culturale. Il fotografo utilizza diverse abilità fotografiche impiegando magistralmente effetti speciali di luce e lenti, come anche fotomontaggio e tecniche di esposizione multipla. Il risultato è valso a Lapkovsky premi e riconoscimenti internazionali e l’approvazione della critica, grazie a più di venti progetti realizzati in gruppo o come singolo in Europa e all’estero, che fanno parte del suo esteso e visivamente influente portfolio. Le sue fotografie fanno inoltre parte di molteplici e prestigiose collezioni private di tutto il mondo. 

Disconnecting Connection 

C’era una volta, in questi vestiti illuminati da una luce blu, una persona. 

Secondo diversi studi, alcuni bambini spendono in media 7 ore e mezza davanti a uno schermo ogni giorno. Proprio così, 7 ore e mezzo. È quasi il tempo che la maggior parte degli adulti dedica al lavoro al giorno. Alcuni adolescenti oggi passano fino a 9 ore al giorno solo sulle piattaforme social. Incredibilmente, un individuo medio spende quasi due ore (approssimativamente 116 minuti) sui social ogni giorno, che risultano in un totale di 5 anni e 4 mesi spesi in una vita intera. Al giorno d’oggi, il totale del tempo speso sui social media è maggiore di quello speso mangiando o bevendo, socializzando o prendendosi cura del proprio aspetto. La consapevolezza di quanto un individuo medio spende realmente sui social media diventa ancora più sorprendente comparando il totale ( 5 anni e 4 mesi) all’anno e 3 mesi che spendiamo con gli amici e con la famiglia nel corso della nostra vita. 

Stiamo scomparendo, cessando di esistere, svanendo. Non riusciamo a immaginare le nostre vite senza schermi blu. Siamo bombardati da notizie, aggiornamenti e stati. Abbiamo migliaia di amici, eppure siamo soli. Siamo semi-trasparenti, persi nella luce blu dell’informazione inutile e nel finto senso di appartenenza. 

Il principale obiettivo di questo progetto è quello di dimostrare come continuiamo ad allontanarci, a disconnetterci dalla realtà che ci circonda in qualsiasi momento, impegnandoci in qualcosa che forse è reale ma non realmente importante o rilevante in questo momento. Come, per pura abitudine, scegliamo più spesso di guardare uno schermo piuttosto che guardarci intorno, messaggiare con qualcuno piuttosto che parlare con una persona seduta davanti a noi. Come le nostre menti diventano globali nel senso che entriamo in contatto con persone che a malapena conosciamo e ignoriamo allo stesso tempo qualcuno di vicino e reale.