Una scelta di donne comuni, non selezionate secondo particolari caratteristiche: una galleria tutta al femminile di musiciste, scrittrici, attrici, studentesse, danzatrici del ventre e anche fotografe. Tutte mostrano un’espressione che le accomuna: guardano direttamente dentro l’obiettivo della macchina che le sta puntando; rivolgono lo sguardo al fotografo che sta passando in rassegna i volti con piglio affilato.

Forse però questi sguardi, chiaramente orientati fuori della scena, sono rivolti all’ipotetico spettatore o spettatrice, di quelle foto. O forse queste donne rispediscono al mittente-fotografo lo sguardo per avere una presunta conferma. Oppure, o anche, si offrono al pubblico che le guarderà, per suscitare un’approvazione o più semplicemente per stimolare un dialogo. Ciò non è dato sapere.

Vittorio Graziano, le fotografa in bianco e nero, com’è d’uso nella più tradizionale iconografia della ritrattistica. Definisce uno sfondo che si presenta sempre lo stesso: una specie di box naturale, un quadrato scuro (come il formato delle foto e del volume che le contiene), dove si alternano in una scena minimalista, le ragazze e le donne: accanto a una vittoriana sedia Thonet o su essa sedute, con in mano una chitarra, un violino, un libro aperto o una macchina fotografica.

La composizione appare serena, consueta e rassicurante. Il fotografo concentra la sua attenzione nella postura del corpo femminile, insistendo soprattutto nell’esposizione delle mani. Le mani sembrano voler rappresentare il nucleo generativo di questo studio sulla persona. Sono mani intrecciate, mani che abbracciano una sedia, mani che riposano sul corpo stesso, mani che reggono un libro o che nascondono parzialmente un volto.

Quelli di Vittorio Graziano sono ritratti che intendono raccontare una quotidianità, ma una quotidianità rituale e organizzata intorno ai vagheggiamenti dei soggetti raffigurati; una normalità che evidenzia un atteggiamento contemplativo, quasi di attesa. Queste figure sembrano illustrare le aspirazioni, i desideri, la vanità femminile e, in taluni casi, si mostrano come una semplice presenza, una testimonianza in uno studio fotografico.

Carlo Guarrera