Massimo Francese (Palermo – 1963)

inizia a fotografare nei primi anni 80′ seguendo un corso di Letizia Battaglia e Franco Zecchin che lo porterà a scattare tra i vicoli e i quartieri degradati di Palermo. La sua attenzione si concentra soprattutto sugli sguardi dei bambini che vivono e giocano per strada.

Altro progetto fotografico realizzato in quegli anni è stato all’interno dell’ospedale psichiatrico di Via Pindemonte, quando si discuteva di chiudere i manicomi attraverso l’applicazione della  Legge Basaglia, per porre fine alle condizioni disumane in cui vivevano i degenti di queste strutture.

(Progetto che adesso è pubblicato nel sito www.photo.webzoom.it).

Seguirà una lunga pausa per dedicarsi poi alla grafica che lo porterà a collaborare con alcuni quotidiani locali. L’incontro e l’amicizia con i fotografi Salvo Fundarotto e Nino Pillitteri, lo convinceranno nuovamente a riprendere in mano, da qualche anno,  la macchina fotografica “dell’era digitale”, che lo avvicina in un primo momento a cercare la vivacità dei colori e la bellezza nella natura in genere, ma dura poco: sente dentro di sé troppo viva l’influenza, della maestra Letizia Battaglia, tanto da ripercorrere  stilisticamente un salto nel passato con le apparecchiature di oggi:  ritratti in bianco e nero con forti contrasti a persone con grandi disagi  economici e sociali.

Così è nato  nel 2018, il progetto “Sguardinvisibili”, concretizzato in una mostra assieme al gruppo fotografico Amunì, nel vicolo Cagliostro a Ballarò e che continua adesso con la mostra personale  “Occhi fragili” organizzata presso l’associazione ARVIS di Palermo.

La mostra OCCHI FRAGILI

Si limitò a guardarmi. Quello sguardo mi disse tutto quello che c’era da dire”, in questa massima ho trovato il senso che ho voluto dare al mio progetto fotografico “ Occhi fragili”.

Ho cercato di cogliere nello sguardo delle persone che ho ritratto per  le strade di Palermo, tutta la loro fragilità, il loro disagio, a volte celati da sguardi  spavaldi, cercando nel frattempo di creare un’empatia col soggetto fotografato, un rapporto umano, anche soltanto il tempo di un attimo, che solitamente sfugge nella vita quotidiana: il più delle volte propendiamo a voltarci dall’altra parte.

Riuscire a guardare dentro “Occhi fragili”, significa saper comprendere meglio l’umanità, e probabilmente, rendere migliore questa società.

Inaugurazione venerdì 31 gennaio 2020 ore 18,30