Cristina Garzone nasce a Matera e risiede a Firenze. Si dedica da anni alla fotografia con particolare attenzione verso il reportage. Ha partecipato a innumerevoli competizioni fotografiche italiane ed estere, riscuotendo negli anni innumerevoli e prestigiosi riconoscimenti. Tra i più importanti, il 1° Premio nel prestigioso concorso terza edizione Emirates Photographic Competition in Abu Dhabi nel 2010 e il Grand Prize nell’ottava edizione del Emirates Award of Photography in Abu Dhabi, prima assoluta fra 8500 partecipanti di 58 paesi con 36000 foto in concorso, con il portfolio Pellegrinaggio a Lalibela. Dal 2007 è socia del fotoclub “Il Cupolone” di Firenze e da ottobre 2020 è anche socia del fotoclub “Sille Sanat Saray” di Konya in Turchia. Sue immagini hanno partecipato ai successi della nazionale italiana di fotografia nelle competizioni Internazionali della Fiap, vincendo la Coppa del Mondo FIAP ad Andorra nel 2005, in Belgio nel 2011, e in Italia nel 2014. Nel febbraio 2018 le è stata conferita l’onorificenza EFIAP/p, prima donna fotografa italiana ad aver raggiunto un simile traguardo. Nell’aprile 2020 è stata insignita della massima onorificenza della fotografia internazionale MFIAP (Maitre de la Federation Internationale de l’Art Photographique), mantenendo ancora una volta il primato in Italia di essere la prima e unica donna fotografa italiana ad aver conseguito un così importante titolo. Nel gennaio 2021 è stata premiata con l’EFIAP/d1 e nel Marzo 2022 ha ricevuto l’onorificenza EFIAP/d2.

                              “MISTICISMO COPTO”

                                 di Cristina Garzone

Si avverte un gran silenzio dentro di noi davanti a questa raccolta di fotografie rispecchianti in pieno l’attinenza al titolo. Misticismo: l’esperienza che impegna la vita interiore dell’uomo di fronte a una realtà misteriosa, senso di religiosità profonda per cui si aspira a una vita totalmente spirituale. Ecco, questo si vede rappresentato nell’opera dell’esperta reportagista forte conoscitrice, per sapersi compenetrare, di comportamenti specifici delle Genti che vivono alle latitudini da lei visitate. Silenzio e riflessione ispirano le foto facenti parte della silloge fatta di colori sereni, ferme posture di persone oranti, bagliori e ombre dei luoghi teatri delle riprese, lampi di folgorazione mistica sui volti intenti a letture, canti, interiorità private. Saper osservare prima dello scatto deve essere la dote del fotografo che ha in animo di rappresentare la massima interiorità dell’uomo, la sua preghiera e il suo trasalimento spirituale, l’Autrice ha dimostrato questa capacità per la rappresentazione essenziale con cui ha svolto la narrazione di quest’opera, ha dimostrato conoscenza delle situazioni cui sarebbe andata incontro e, quindi, l’adeguata preparazione ha fatto sì che il lavoro non potesse avere sbavature o inesattezze. Molti sono i simboli che figurano e ben collocati nella successione della sequenza fotografica, la Croce copta, detta pure Croce ansata, ricorre più volte nella sua sembianza di chiave, segno molto importante per quel Popolo che definisce quel simbolo: Chiave del Nilo, ma ancor più importante, Chiave della vita.

L’opera si apre con la visione di una chiesa ipogea, cioè scavata nella roccia, caratteristica dei templi della chiesa copta che, l’ultimo Negus, denominò Chiesa di Stato Tawahedo, il riferimento in lingua Ge’ez è “L’essere che si è fatto Uno”; è proprio in quell’interiorità della terra che gli Etiopi cercano di immedesimarsi in quell’Uno, di avvicinarsi al suo esempio ideale poggiando mani e volto a pareti non levigate o in presenza di sontuosi arazzi o pregiate rappresentazioni di ogni genere. La luce, comprensibilmente, è scarsa in quei luoghi in cui le difficoltà di ripresa sono molte, ma quel che è nato in quella lucentissima penombra poi trasportato sulla carta fotografica è di luce piena, per la giusta sistemazione delle poche cose rappresentate, o di molte alla rinfusa, in virtù di una dote di composizione fotografica operata con sapiente conoscenza dall’Autrice che ha saputo porre il tutto in un’unica omogenea luce, quella del suo progetto iniziale, l’idea centrale che l’ha spinta a questa realizzazione fotografica, progetto di buona fotografia contenente anche una grande partecipazione del “Bello fotografico”.

Carlo Ciappi

L’inaugurazione è il 07 maggio alle ore 15,30
Apertura
Martedì e Giovedì dalle ore 16.00 alle ore 18.00
Venerdì dalle ore 21 alle ore 23,00