Il 6 luglio 2018 (Capital Day) il Kazakistan ha festeggiato il 20° anniversario della capitale, Astana.
In precedenza era Almaty a godere di questo ruolo ma, nel 1997, il presidente Nazarbayev decise di nominare una nuova capitale in posizione più centrale, lontana da zone altamente sismiche e progettata a tavolino per trasformare quella che era una città di provincia (Akmola, rinominata Astana nel 1998) in una delle metropoli più moderne al mondo. Il progetto, che dovrebbe completarsi nel 2030, prevede che la capitale spazierà su un’area complessiva di 710 km².
Dietro il sogno di Astana c’è Nursultan Nazarbayev, alla guida del paese da 28 anni e che, nelle ultime elezioni del 2015, ha ottenuto l’ennesima conferma come Presidente con il 97,75% dei voti.
Per raggiungere il suo scopo, il Kazakistan ha sfruttato gli enormi giacimenti di risorse naturali che possiede: il solo petrolio costituisce il 20% del PIL, il 50% delle entrate di bilancio e il 60% delle esportazioni.
Astana è una città in costruzione ma già oggi sfoggia uno skyline futuristico a cui hanno contribuito archistar internazionali come il giapponese Kisho Kurokawa (che ha progettato il masterplan della città), l’inglese Norman Foster e l’italiano Manfredi Nicoletti.
“La Dubai della steppa” — così viene chiamata — non mostra più traccia delle vecchie atmosfere sovietiche, ma rappresenta una città avveniristica, un desiderio di futuro e ricchezza, un’utopia di vetro e di riflessi che esibisce l’ambizione di un paese intero di ottenere il riconoscimento internazionale dal punto di vista politico e strategico, al centro dell’Eurasia e lungo la nuova Via della Seta.
La popolazione sfiora oggi il milione di persone ma, nelle previsioni del progetto, avrebbe dovuto raggiungere questa dimensione già nel 2012. Alla vertiginosa crescita architettonica e all’aumento del costo della vita non sta corrispondendo un altrettanto rapido aumento della ricchezza della popolazione; la maggior parte degli abitanti è costretta a vivere nella periferia della città.
Il risultato visivo è quello di una città futuristica e mastodontica, ma vuota, dove architetture e volumi emergono e sovrastano la presenza dei pochi abitanti.
Il 19 marzo 2019 Nursultan Nazarbayev, a 78 anni, ha dato le dimissioni dopo quasi un trentennio al potere (è stato il primo e unico Presidente del paese da quando era diventato indipendente nel 1990, dopo la caduta dell’Unione Sovietica), conservando però ruoli che gli consentono di mantenere il controllo del Kazakistan, come l’essere a capo del Consiglio di sicurezza, incarico che può ricoprire a vita grazie ad una legge approvata nel 2018, e l’essere alla guida del partito Nur Otan.
Un mese prima, il 21 febbraio 2019, Nazarbayev aveva fatto dimettere il governo perché riteneva che non avesse centrato alcuni degli obiettivi prefissati, come il far crescere gli standard di vita e il diversificare l’economia del Kazakistan oltre lo sfruttamento degli idrocarburi.
Tale decisione era era arrivata nel pieno delle crescenti proteste scoppiate in tutto il paese sulle condizioni di vita, scatenate dalla morte di cinque ragazzi bruciati all’interno della loro casa una notte in cui entrambi i genitori stavano facendo i turni di notte per sbarcare il lunario.
Il 23 marzo 2019 Il Parlamento kazako ha approvato una proposta di legge per cambiare il nome di Astana in Nursultan, in onore dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev. La proposta di cambiare il nome della capitale è arrivata da Kassym-Jomart Tokayev, che al momento delle dimissioni di Nazarbayev era presidente della Camera alta del Parlamento, e che negli ultimi giorni ha prestato giuramento come presidente ad interim, ruolo che manterrà fino alle elezioni presidenziali, inizialmente previste nel 2020 ma che sono state anticipate al 9 giugno 2019.