wAnders
Sarebbero esploratori
ai quali per primi
la natura s’avvicina
e mostra, perché si trasmetta ai contemporanei.
Artisti avvertono facilmente
la grande luce vibrante,
il calore,
il respiro degli esseri viventi
l’arrivo e
la scomparsa.
Suppongono
la somiglianza
delle piante
con gli animali
e degli animali
con l’uomo,
e la somiglianza dell’uomo
con Dio
(Egon Schiele)
Spostarsi continuamente, in terre aspre e a volte difficili per le condizioni climatiche estreme. E’ una questione di sopravvivenza, non solo per l’uomo, ma anche per gli animali che fanno parte della loro vita, e con l’uomo migrano, e condividono spazi. Uomini e animali che reciprocamente si donano cibo e sostentamento, ma soprattutto uomini che vivono in funzione delle esigenze dei loro animali.
“wAnders” è un omaggio alla vita dei pastori nomadi che trecentosessantacinque giorni all’anno seguono antiche rotte, nuovi sentieri, vecchie tradizioni e modi di vita. Che si fermano solo dopo lunghi cammini: processioni infinite di uomini, merci, animali, disegni costanti in spazi infiniti. E poi ripartono, quando per gli animali ciò è necessario per poter trovare cibo. Dormono e vivono in tende che si montano e smontano in pochi minuti, e che resistono a venti fortissimi, nevicate epiche, caldi insopportabili, a seconda del susseguirsi delle stagioni.
“Wander” in inglese significa vagare, “Anders” in tedesco significa “qualcos’altro, insolito”. Vagare alla ricerca di qualcos’altro è l’essenza della vita di queste popolazioni. Che, per molti di noi, invece, è un modo di vivere assolutamente insolito.
Quello rappresentato in queste immagini è un estratto di un lavoro durato anni, ed attualmente ancora in itinere, perché non potrebbe essere diversamente, esplorando il tema del “vagare”. Le immagini riguardano, nell’ordine: i Kirghisi, popolazione semi-nomade di etnia mongola che vive in Kyrghyzstan, allevatori di bestiame nei leggendari spazi sconfinati dell’asia Centrale, che si spostano in estate nei jailoo e in inverno nei gishlag; i Changpa, popolazione nomade di etnia tibetana che vive in un’area del Ladakh (India), al confine con la Cina, allevatori di capre pashmina, che – per permettere la sopravvivenza di questa particolare razza di capre – devono vivere in altitudini superiori a 4.000 metri in ambienti ostili per l’uomo, ed in cui è difficile trovare erba ed arbusti per alimentare gli animali; i Nenets, una popolazione nomade che vive nella penisola di Yamal, all’estremo nord della Russia, allevatori di renne, che migrano tutto l’anno alla ricerca di licheni per nutrire i propri animali, in temperature che in inverno scendono anche sotto i – 50° C; gli Tsaatan, gli “uomini-renna” gruppo etnico di origine turca e popolo nomade di antiche origini che vive nella provincia del Hôvsgôl, in Mongolia, nella taiga al confine con la Russia.
Sabato 10 ottobre 2020
ingresso ore 17.00 e ore 18.00 su prenotazione
museobrescia@museobrescia.net