Sicilia, tra contrasti e teatralità

Che la Sicilia sia terra di forti contrasti, di luci e d’ombre, di contraddizioni e paradossi, nefandezze e meraviglie è noto al punto che è diventato quasi un cliché.

Questa duplice polarità è una peculiarità anche fisica dell’Isola, caratterizzata da una grande ricchezza di paesaggi e da un variegato ed imponente patrimonio artistico ed archeologico cui, purtroppo, si contrappongono spesso degrado ed un purgatorio estetico di speculazione edilizia.

Le contraddizioni si ripropongono anche nei tratti caratteriali dei suoi abitanti, prigionieri della loro insularità e della convinzione che la Sicilia sia l’ombelico del mondo, poco propensi al cambiamento, portati istintivamente all’autocommiserazione, alla teatralità ed a uno stile di vita che spesso indulge all’apparenza.

La Sicilia è un microcosmo in cui il tempo ha un fluire diverso e più lento che altrove e – citando Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel romanzo Il Gattopardo – il siciliano è inalterabile e refrattario alla storia. D’altronde, ad onor del vero, a riequilibrare la bilancia va anche detto che creatività, acume, ospitalità, ironia, cultura, raffinatezza sono qualità non rare negli abitanti dell’Isola.

Le contraddizioni di questa terra deve sempre tenere presenti chi abbia voglia di raccontare la Sicilia, in letteratura o con le arti visive, fotografia compresa. La premessa è doverosa perché, ovunque ci si trovi e qualunque cosa si osservi, ci si rende conto che in essa tutto è contrasto: mare e fuoco, luce e tenebre, ospitalità e diffidenza, verità nascoste e bugie palesi, miseria e sfarzo, tragedia e comicità, vita e morte. Tutto e il suo opposto convivono in un gioco di specchi sul palcoscenico di una perenne rappresentazione.

Come fotografo mi sono formato in Sicilia e, sin dagli esordi, ho sempre colto questa enfasi teatrale negli sguardi, nella gestualità e nella mimica facciale, nella vita quotidiana come nelle cerimonie matrimoniali o funebri, nei riti sacri della Pasqua ed in quelli profani del Carnevale.

Essere fotografi in Sicilia è un po’ come essere fotografi di scena, nella misura in cui il confine tra realtà e rappresentazione è spesso labile. Di questo sono stati consapevoli grandi fotografi della tradizione siciliana come Giuseppe Leone, Ferdinando Scianna, Enzo Sellerio, Letizia Battaglia, per citarne alcuni, che hanno rappresentato nella sua dimensione urbana ed in quella dei paesi e delle campagne una straordinaria Sicilia, drammatica e barocca, sempre calda e traboccante di umanità.                     

La mostra raccoglie fotografie che coprono un arco temporale che va dagli anni 80 ad oggi. Un viaggio nell’Isola tra passato e presente che consente una lettura a ritroso degli inevitabili mutamenti sociali e del costume che l’hanno interessata e di coglierne, attraverso immagini che abbiano una forte valenza iconica, il genius loci.

Si tratta di un mix di paesaggi rurali ed urbani e di ritratti ambientati. Paesaggi fatti di terra, di cielo, di silenzio ed impastati col vento; dotati di una forza arcaica e carichi di memoria.  E’ la Sicilia, sempre più residuale, dei campi arati, dei casolari muti, dei panni stesi al vento, dei pastori erranti, delle saline riarse dal sole, dei piccoli borghi. Ma anche scorci metropolitani ed anonime e desolate periferie.   Ad essa è accostato un coerente repertorio di personaggi dotati di una forte carica espressiva: bambini che giocano, anziani con la loro storia dipinta nei volti scavati, la devozione dei fedeli alla processione del Santo Patrono, immigrati alla ricerca di identità e di una vita migliore.  Schegge di quotidianità, frammenti di esistenze sul palcoscenico della vita. Dalle immagini emerge una umanità complessa, segnata dalla sofferenza e dalla solitudine, assorta quasi a contemplare il mistero della vita, o semplicemente intenta a consumare la quotidianità di un gesto.

Assemblaggi solo in apparenza casuali di uomini e cose. Così la fotografia diventa pretesto per un’ulteriore azione di appropriazione e comprensione del mondo.

                                                                                                                                                                                                          Valerio Marchese